Libri Pensieri Digitali

Dacia Maraini scrive “Vita mia” e racconta con gli occhi di bimba una delle pagine più tristi della storia mondiale

Un’insolita recensione di una delle pagine più tristi della storia mondiale. Un racconto schietto, pulito, sincero, catturato e descritto con dovizia di particolari dagli occhi di una bambina. Giappone, pieno conflitto mondiale, il Governo italiano dopo la firma dell’armistizio è capitolato. Quel che sarebbe successo dopo la storia lo racconta.
Ed anche molto bene, purtroppo. L’autrice si sofferma però su uno degli aspetti che sono forse scivolati via dalle pagine che per lo più si conoscono: la situazione degli italiani all’estero, e nello specifico degli italiani che, in un Paese amico del Regime, dichiarano una non adesione al progetto della Repubblica di Salò, rifiutandosi di giurare fedeltà al governo nazifascista. Con un destino facilmente immaginabile: un campo di concentramento per traditori della Patria.
Proprio qui, l’autrice comincia ad osservare, ad esaminare un mondo che prima non aveva mai visto. La sua, una famiglia benestante, il suo, un ambiente pieno di stimoli e di sani confronti.
Poi improvvisamente tutto cambia e comincia quasi inconsapevolmente ad annusare l’amaro sapore di una prigionia in un Paese che sentiva amico, di cui, seppur piccola, conosceva benissimo lingua, usi, costumi e tradizioni. Il racconto si concentra su episodi verosimili: suo padre Fosco, che per protestare contro le disumane condizioni detentive, si taglia un dito, o che inizia a scrivere poesie con strumenti di fortuna, conservandole poi segretamente nella pancia dell’orsetto della piccola Dacia e di sua sorella. Sua madre Topazia che, abile nel rammendare vestiti e tessuti, riesce ad ottenere “le grazie” delle guardie, strappando a volte qualche mestolo di poltiglia in più. La stessa Dacia che si nutre più e più volte, all’insaputa dei suoi genitori, di centinaia di formiche per tappare quell’atroce buco allo stomaco colpevole del terribile “beri-beri” prima e di una fortissima denutrizione poi.
Un’infanzia insolita, ben diversa da quella che i suoi genitori avevano disegnato per lei e per le sue sorelle. Fatta di soprusi e di divieti, ma anche di sogni, di formazione e di voglia di libertà.
Lucido il paragone tra gli oppressori e gli invasori: prima il governo nazifascista, poi l’alleato giapponese e in ultimo gli americani, forse precocemente dipinti come “salvatori del mondo”. In una guerra nessuno può avere ragione.
Troppo sentimentalista nei racconti che dipingono le gesta di sua madre (che per un attimo paragona a Santa Chiara) e di suo padre: ma, si sa, agli occhi di un bambino ciascun genitore è un eroe contro il mondo.
A distanza di molti anni, le vanno riconosciute una nitidezza ed una compiutezza di intelletto, figlie forse di un istinto conservativo che ha saputo conservare luminosità e chiarezza di quanto accaduto.

Related Posts