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I confini della ludopatia: quando il gioco perde il suo significato originario

È vecchio come il mondo. Le fonti non sono in grado di arrivare così indietro nel tempo, ma è convincimento comune che il gioco fosse già diffuso tra gli ominidi e certamente lo era tra i primi homo sapiens. Cosa si giocassero prima che la moneta divenisse oggetto più comune di scambio non è dato saperlo, ma quella voglia di mettere in gioco la capacità di previsione o l’abilità comparata a quella altrui esisteva ed aveva un suo libero sfogo. Nel medioevo il gioco d’azzardo era diffusissimo e coinvolgeva garzoni, operai, commercianti, soldati, nobili e monaci, non risparmiando le donne. Si svolgeva di regola nelle baratterie, che venivano allestite al chiuso o all’aperto, con i barattieri a dirigere i giochi, sovente legati ai dadi. Spesso si praticava nelle taverne, che erano un vero e proprio ostello del vizio, giacché di regola ospitavano anche meretrici.
Proprio per questo abbinamento ed anche per la marcata tendenza alla blasfemia e all’ira delittuosa che generavano le perdite al gioco, le autorità ecclesiastiche osteggiavano e combattevano il gioco d’azzardo, sebbene qualche loro rappresentante non fosse esente dal vizio in questione. All’epoca la bestemmia era un reato le cui conseguenze non ricadevano solo sull’autore ma sull’intera comunità. Progressivamente si affermarono le carte, che sostituirono i dadi quali strumento privilegiato del gioco d’azzardo. Il phil rouge del rischio passava per la luce abbagliante di un guadagno poco faticoso ed appagava quel senso di trasgressione che nel medioevo e negli anni successivi veniva talvolta interpretato dagli oppressi come un modo di affrancarsi dalle miserie quotidiane.

Ed oggi? Oggi purtroppo la ludopatia rappresenta una delle piaghe della società contemporanea. Favorita dal proliferare di lotterie sempre più sofisticate, si è diffusa in ogni ceto e, come sempre, è tra le classi sociali meno abbienti che miete vittime e scrive storie molto tristi. Patologia subdola, al pari delle dipendenze da alcool e droghe, può manifestarsi all’improvviso, anche in soggetti che inizialmente hanno con il gioco un approccio tutt’altro che esasperato. Secondo l’autorevole fonte dell’Ansa sarebbero 1 milione e 300mila gli italiani affetti da ludopatia. Di essi solo 12000 sono in cura presso centri specializzati. La prima riflessione che si impone è in verità la tendenza a porre nel calderone dei ludopatici soggetti la cui dipendenza è decisamente differente. Il nonno che gioca la partita a scopa al bar con gli amici, con in palio una consumazione da due euro, o anche la casalinga che ripone nel suo ambo da tre euro il suo sogno di vincita settimanale, non possono essere accostati a soggetti che puntano su giochi, lotterie e slot machine una consistente fetta, se non l’Intero importo, dei loro redditi da lavoro. Pertanto è sui veri ludopatici, che per fortuna non sono in numero così cospicuo, che bisogna compiere un’attenta analisi ed intervenire con strumenti idonei alla dissuasione. Tante famiglie sono coinvolte in questa problematica. La ludopatia interviene nel momento in cui il gioco diventa il principale elemento dell’esistenza, il solo irrinunciabile esercizio quotidiano, in modi e forme non più controllabili né in merito al tempo dedicato né tanto meno sugli importi investiti. Non è estranea alla diffusione clamorosa del gioco d’azzardo la sempre più ampia fascia di soggetti che faticano ad arrivare a fine mese.
Oberati da bollette, tasse e bisogni primari sempre più costosi, a volte i rappresentanti del ceto medio-basso vengono tentati dall’idea che a risolvere le ambasce possa essere una salvifica vincita al lotto o ai suoi derivati o anche una proficua escursione al casinò. Quando i tentativi reiterati non vanno a buon fine, il buon padre di famiglia dirige altrove le proprie voglie di pareggiare il bilancio domestico, ma il potenziale ludopatico, al contrario, cade nella trappola e comincia ad investire somme sempre più consistenti. Altro elemento che non va trascurato è il proliferare di lotterie e giochi legati a numeri dei quali si deve prevedere l’uscita. Il Superenalotto è diventato la punta di una piramide comprendente il classico lotto, il dieci e lotto e ulteriori lotterie istantanee. Le scommesse sportive riguardano ormai ogni disciplina, si gioca perfino sulle freccette e sul tennistavolo quasi amatoriale. Si gioca su campionati di calcio dilettantistici e le tipologie, dal semplice risultato finale, sono allargate al numero di gol, ai calci d’angolo, ai cartellini gialli e a tante altre sfaccettature di un incontro di calcio. Insomma, chi vuole mettere alla prova le proprie capacità divinatorie non trova più alcuna barriera. Così, dal concetto di abilità, che in qualche modo condizionava le vicende dei giocatori originari, si è passati ad un totale affidarsi alla fortuna, che come ognun da è cieca e poco attenta alle esigenze dei bisognosi. Demonizzare il gioco in sé non è forse l’approccio più corretto, perché l’aspetto ludico a volte rende un po’ più varia e vivace l’esistenza. Mettere in guardia dai rischi di un approccio più morboso è però un dovere di tutti, per evitare di aggiungere poveri ai poveri che la nostra disastrata economia produce di per sé. Perché pensare di guarire dalla povertà grazie al gioco incarna la classica situazione in cui la medicina è peggiore dei mali.

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